Trovo imbarazzanti le affermazioni del Presidente, che non ha permesso alla propria maggioranza di intervenire, affermando che non è questa la modalità con cui si innesca un dibattito e, all’interno di un processo democratico, la partecipazione di una maggioranza. L’ordine del giorno poteva essere emendato, poteva essere riscritto, ma in queste due settimane, da quando l’ho presentato, non ho ricevuto alcuna richiesta da parte dei consiglieri di maggioranza, indipendentemente dalla forza politica di provenienza.
Sappiamo perfettamente che il tema della cittadinanza non è di competenza legislativa della Regione, ma è un tema di carattere nazionale. Tuttavia, se vogliamo essere coerenti con quanto discusso nelle scorse settimane, possiamo anche noi essere protagonisti, almeno dal punto di vista politico, portando le istanze del nostro territorio e promuovendo segni di civiltà all’interno della Conferenza Stato-Regioni. Oggi, più che mai, sappiamo quanto sia importante stimolare il Parlamento affinché si possa arrivare a modificare una legge che risale al 1992, la legge n. 91, e che riflette un contesto socio-economico molto diverso rispetto a quello attuale. Dobbiamo confrontarci con il cambiamento demografico e la velocità con cui questi mutamenti avvengono.
Vogliamo partire proprio da qui, dalle scuole, perché la sfida dell’accoglienza e dell’intercultura è centrale nella lotta contro le diseguaglianze educative. La scuola è il luogo in cui avviene la contaminazione tra culture, saperi e lingue dei diversi bambini e bambine che la frequentano. Tuttavia, sappiamo anche quanto le nostre scuole fatichino a mettere a sistema le tante sperimentazioni e attività didattiche inclusive sviluppate nel corso degli anni. Esiste, quindi, la necessità di facilitare il percorso di inclusione nelle nostre scuole, inaugurando una nuova fase.
Dobbiamo riconoscere anche le difficoltà che la scuola incontra quando si trova a gestire bambini privi della cittadinanza italiana. Pensiamo, ad esempio, alle gite scolastiche: per i bambini senza cittadinanza, spesso queste diventano un problema. La cura delle relazioni è centrale nel sistema scolastico, ed è essenziale per un percorso di inclusione. La padronanza della lingua italiana, inoltre, è un elemento fondamentale per l’inserimento, sia nella scuola che nella società. Molti bambini imparano facilmente due lingue, ma la mancanza di cittadinanza crea difficoltà quotidiane nella loro vita scolastica.
In Italia ci sono 914.860 studenti e studentesse senza cittadinanza italiana che frequentano le scuole, vivendo e studiando insieme ai nostri figli. Questo numero rappresenta l’11,2% della popolazione scolastica. Solo il 15,5% delle scuole italiane non ospita alunni stranieri, mentre una percentuale molto bassa, pari al 15,2%, è costituita esclusivamente da studenti italiani.
L’Osservatorio istituzionale sui cittadini stranieri ha stimato che nella nostra regione ci sono circa 66.827 alunni senza cittadinanza italiana, di cui 21.000 risiedono nel capoluogo. Durante l’ultimo anno scolastico, il 14% della popolazione scolastica piemontese era composta da studenti stranieri, un dato in crescita rispetto agli anni precedenti. È interessante anche il contributo del mondo delle imprese, che ha esplicitato la necessità di avere persone con cittadinanza italiana per integrarsi più facilmente nel tessuto lavorativo. La Confartigianato, in un recente comunicato, ha evidenziato l’urgenza di avere più persone formate e pronte a entrare nel mercato del lavoro.
I nostri progetti di accoglienza devono essere visti come segnali di civiltà e di appartenenza al nostro Paese. La scuola, come luogo per eccellenza della cultura e della coesione, svolge un ruolo determinante nel percorso di vita di bambini e bambine. Per questo chiediamo che venga ripreso il percorso legislativo iniziato nella precedente legislatura. Non è certamente la soluzione definitiva che auspicheremmo, ma è necessario iniziare una riflessione per una nuova legge sulla cittadinanza, superando una normativa che oggi appare obsoleta e inadeguata.